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I disturbi di consapevolezza nelle cerebrolesioni acquisite: l'anosognosia

"Questa donna ha improvvisamente perduto la vista.

Cosa incredibile, ma vera, questa pazza non ha

consapevolezza di essere cieca e talvolta chiede al suo

custode di essere condotta altrove perché dice

che la nostra casa è troppo buia".

Seneca, Libro V, Lettera IX

 

 

Prigatano e Schachter (1991) definiscono la consapevolezza come “la capacità di percepire il sé in termini relativamente obbiettivi mentre si mantiene un senso di soggettività”.

Lesioni cerebrali, sia localizzate che diffuse, possono causare, oltre a deficit neurologici e cognitivi, una mancata consapevolezza di essi:l’anosognosia. La self awareness in relazione al disturbo è l’abilità di riconoscere le proprie difficoltà, capire le loro implicazioni funzionali e stabilire obiettivi realistici. È inoltre la capacità di anticipare le difficoltà, riconoscere gli errori o monitorare la propria performance durante il suo svolgimento . Quindi una persona è affetto da disturbo della consapevolezza quando, in seguito a un danno cerebrale, non è in grado di rilevare la presenza o valutare realisticamente la gravità dei deficit sensoriali, motori, affettivi o cognitivi presenti.

 

Il termine anosognosia fu introdotto nel 1914 dal neurologo francese Joseph Babinski per descrivere l'apparente mancanza di consapevolezza ed il conseguente diniego dei deficit motori in pazienti con lesioni cerebrali focali. A partire da quella prima definizione, molti autori hanno cercato di spiegare la complessità di tale fenomeno. I modelli neuropsicologici elaborati da diversi autori hanno cercato di spiegare la sindrome anosognosica facendo riferimento a fattori cognitivi, neurologici e psicologici.

In particolare, esiste un modello teorico che cerca di spiegare il manifestarsi di questo disturbo in seguito a cerebrolesione, soprattutto frontale. Crosson e collaboratori (1989) ipotizzano l’esistenza di tre livelli di consapevolezza:

  • Un primo livello, più superficiale, definito “emergente”, è quello in cui la persona non è in grado di riferire né di descrivere i propri disturbi motori e cognitivo-comportamentali e, se posto di fronte alla loro evidenza, trova loro giustificazioni improbabili o assurde.
  • Il secondo livello, definito “dichiarativo”, è quello che manifesta un soggetto in grado di riferire genericamente i propri disturbi, senza avere consapevolezza delle relative implicazioni funzionali, per cui si espone a conseguenze rischiose.
  • Il terzo livello, definito “anticipatorio”, è quello che consente la previsione delle conseguenze funzionali che il disturbo comporta, per cui il soggetto si astiene dal porsi in situazioni a rischio.

Cosa fare dunque se un familiare, colpito da cerebrolesione acquisita, presenta un disturbo di consapevolezza? Le metodologie più efficaci fanno riferimento sostanzialmente a tre categorie :

1. Un’educazione-informazione fornita ripetutamente alla persona sulla patologia da cui è affetto e sulle conseguenze che ne derivano, condotta sia dal riabilitatore neuropsicologo sia dai familiari opportunamente indirizzati;

2. Un feedback contestualizzato, frequente e condotto nei vari contesti nei quali la persona si trova a essere inserito nell’arco della giornata; tali “segnali” a cui sottoporre la persona in riferimento ai suoi deficit consentono la presa d’atto delle difficoltà e l’attivazione di strategie di autocontrollo;

3. Un intervento psicoterapico mirato ad analizzare la “perdita” subita e a interiorizzarla, come pure a definire obiettivi riabilitativi realistici su cui costruire il percorso di recupero.

 

Il superamento dell’anosognosia  viene considerato il più importante indice prognostico del successo della riabilitazione cognitiva.

 

Dott.ssa Rita Stival

 

Bibliografia:

Cheng e Man, 2006. Management of impaired self-awareness in persons with traumatic brain injury.

Crosson et al., 1989. Awareness and compensation in postacute head injury rehabilitation.

Flemming et al., 1996. Self-awareness of deficits in adults with traumatic brain injury: how best to measure?.

Fleming e Ownsworth, 2006. A review of awareness interventions in brain injury rehabilitation.

Maietti e Mazzucchi, 2011.

Ownsworth, 2005. The impact of defensive denial upon adjustment following traumatic brain injury.

Ownsworth et al., 2006. A metacognitive contextual intervention to enhance error awareness and functional outcome following traumatic brain injury: a single-case experimental design.

Toglia e Kirk, 2000. Understanding awareness deficits following brain injury.

Goverover et al., 2007.Treatment to improve self-awareness in persons with acquired brain injury.

Prigatano, 2005. Disturbances of Self-awareness and Rehabilitation of patients with traumatic brain injury: a 20-years perspective.